Da Eroi


 

 

Quando oggi ho accompagnato Giovanni
alla scuola materna, lui voleva farmi vedere
i giocattoli, voleva dirmi delle cose
che c'erano nella classe, e io vedevo,
mentre li guardavamo, come erano poveri i giocattoli
e come erano sporchi anche,
e poi lui voleva che io lo prendessi in braccio
e guardammo i pesci che avevano appiccicato
sopra dei fogli (e vidi che i pesci
erano delle foglie molto belle di una pianta strana
di cui non so il nome, e sembravano proprio veri)
e guardavo il foglio di Giovanni molto semplice e spoglio
e mi piaceva molto, con solo due pesci
che scendevano giù verso il basso del foglio,
e chiesi a lui quale era il suo, e lui mi indicava
sempre il disegno di qualcun altro.
Io dovevo andare al lavoro, così lo deposi
e lui s'avvicinò a un tavolino dove la maestra tirava fuori
dei puzzle, e lui disse subito: "Io voglio questo!"
(con una prontezza che io non avevo mai avuto).
La maestra glielo diede e lui cominciò a sparpagliarlo
poi tutto solo cominciò a mettere i pezzi,
e stava chino con la testa, e non mi guardava ora,
e io potevo andare, ma mi veniva da piangere
perché pensavo che o lui non sentiva quello che io sentivo,
o se lo sentiva lo nascondeva,
e, sapendo che io dovevo andare via, non alzava il capo
verso di me (che l'avevo chiamato alla vita
e l'avevo messo di fronte a questo strano gioco)
ma rimaneva solo
con il capo leggermente inclinato
intento nel suo gioco.

[ascolta la poesia letta dall'autore]
[guarda il  video con la lettura di Arnaldo Ninchi]

 

 

Giovanni, tu giustamente dici
meglio stare qui che nel cielo
quando saremo morti
perché qui sei con i tuoi cari,
sai dove sei, anche se non sempre sei contento,
qualche volta sei triste, qualche volta arrabbiato,
invece in cielo non sai con chi sei,
non si capisce bene come e dove si starebbe
e ti fa un po' paura di stare così in alto,
e non si capisce dove si poggerebbero i piedi.
E anche io penso: Giovanni, in cielo, ti rivedrò
o non ti rivedrò?
Ma certo, certamente ci rivedremo,
io ti aspetterò e tu verrai,
e poi staremo lì, anche se non si sa bene in che modo,
anche se non si sa bene, non importa.

[ascolta la poesia letta dall'autore]
[guarda il  video con la lettura di Francesco Siciliano]

 

  

- Ma quando crescerò, tu diventerai piccolo?
- No, diventerò vecchio…
- E poi andrai in cielo?
- Sì, e tu diventerai vecchio.
- No, io non diventerò vecchio.
Ma è vero che dal cielo si può riscendere?
- Beh…forse…Ma non serve, perché in cielo si sta bene…e quando io sarò in cielo, ti aspetterò. Poi verrai anche tu e staremo insieme in cielo. Sei contento?
- … Ma perché non possiamo stare qui?
- Beh…
- Ma che, diamo fastidio a qualcuno?

[ascolta la poesia letta dall'autore]

 



E vedo ancora l'isola galleggiare
nel suo mare, mentre mi allontano.
"Isola, non ti voglio lasciare", le dico
e lei mi risponde: "Vai, devi andare"
ed poi mi dice: "Ogni volta che sei venuto,
che per caso io non c'ero?
Che non ero sempre qui, al mio posto?".
"Sì, isola - rispondo - ogni volta che sono venuto
tu eri sempre qui, e mi aspettavi".
Con la mano accarezzo i monti, e la vorrei stringere,
ma devo andare.
"Isola, ma quando morirò, ti rivedrò?".
Ma lei già non mi rispondeva più,
forse ero lontano e non sentivo la sua voce
e c'era un velo di nebbia, tra me e lei,
e il rumore della nave.
Forse mi rispondeva, ma così piano
che io non potevo più sentire.
Ma poi pensavo: ma se lei se ne vuole andare,
ma perché la devo tenere?
perché deve sempre stare a aspettare me,
se ha un desiderio di viaggiare, perché non lo può fare?

[guarda il  video con la lettura di Piera Degli Esposti]
 

 

Oggi spiegavo ai miei ragazzi Geografia
e dicevo loro della nascita, e del registro dell'Anagrafe
e dicevo loro: "Quando morirete
anche bisognerà registrare la vostra morte"
e quando dissi loro "quando morirete"
dissi anche "quando noi tutti moriremo"
ed ebbi la percezione chiara che in mezzo alla loro reazione rumorosa
con accidenti e segni di scaramanzia tra i più vari,
c'era un'accettazione cupa, come di bestie sotto il giogo
che piegano il collo, e sentii un'unità
anche però, sentii che ciò che più ci accomunava e ci rendeva simili,
era non tanto la nascita o le condizioni o l'ambiente,
ma questo destino comune, questo futuro identico per tutti.
E anche sentivo che non c'erano differenze
neanche sui tempi, nel senso che uno moriva prima e uno dopo,
ma tutti insieme andavamo incontro alla morte
come tenendoci per mano, cantando,
con i capelli profumati, col capo cinto di fiori.

[ascolta la poesia letta dall'autore]